dunque bibit, visae correptus imaginae formae
spem sine corpore amat; corpus putat esse quod unda est.
[...]
Spectat humi positum geminum, sua lumina,
sidus et dignos Baccho, dignos et Apolline crines
impubesque gemae et eburnea colla decusque oris
[...]
Cuctaque miratur quibus est mirabilis ipse.
Se cupit imprudens et qui probat ipse probatur,
dumque petit petitur pariterque accendit et ardet.
[...]
Quae simul aspexit liquefacta rursus in unda,
non tulit alterius [...] sic attenuatus amore
liquitur et tecto prolatim carpitur igni.
(Ovidio, Metamorfosi - il mito di Narciso)
TRAD: mentre desidera placare la sete, fa crescere una sete diversa
e mentre beve, dopo essere stato sbigottito dal riflesso della sua bellezza lì vista,
ama un’illusione senza corpo: pensa che sia corpo ciò che in realtà è un flutto.
[...]
Steso a terra contempla il suo gemello, i suoi occhi,
i capelli degni di un Bacco o un Apollo,
le gote sbarbate, il collo eburneo, la grazia del volto
[...]
Contempla tutto ciò per cui egli stesso è meraviglioso:
l’ignaro si innamora di se stesso e colui che elogia, è egli stesso elogiato.
È soggetto e oggetto del desiderio, nel contempo infiamma e arde.
[...]
[E mentre piange, si sfilò il vestito dalla fessura superiore
e si percosse il petto nudo con pugni duri come il marmo. I colpi resero il roseo petto rosso,
proprio come sono solite fare le mele che, da una parte bianche,
dall’altra arrossiscono, o come l’uva non ancora matura
è solita dare il colore rosso porporino ai grappoli qua e là dispersi. ]
Non appena vede questo colore nell’acqua tornata tranquilla,
non sopporta più, ma [...], così, consumato dall’amore,
si squaglia e lentamente è bruciato da un fuoco nascosto.