cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nel vuoto
[..]
Giù per l'abisso lontano lontano
in fondo in fondo è il lucicchio di Vega.
Allora io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupa, a un albero, a uno stelo
a un filo d'erba. Per l'orror del vano!
A un nulla qui, per non cadere in cielo
[...]
Oh! Se la notte almeno lei non fosse!
Qual freddo orrore pendere su quelle
lontane, fredde, bianche, azzurre e rosse
su quell'immenso baratro di stelle.
Sopra quei gruppi, sopra quegli ammassi
qual seminio, quel polverio di stelle.
(Pascoli, da Vertigine)