La violenza che nutrendosi di cinismo va in cerca del morto da santificare, che per trovarlo scaglia pietre o estintori contro il carabiniere terrorizzato. La violenza che nutrendosi di cretineria imbratta le facciate degli antichi palazzi, frantuma le vetrine, saccheggia i Mac Donald, brucia le automobili. Che occupa le case e le banche e le fabbriche, che distrugge i giornali e le sedi degli avversari. Che (non avendo studiato la storia loro non lo sanno) ripete gli sconci cari ai fascisti di Mussolini e ai nazisti di Hitler. (O.Fallaci)
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E' un noto circolo vizioso: l’ossessiva, e di per sé giustificata, ricerca di sicurezza da parte di chi vive in costante pericolo, può indurlo in errori che ne accrescono ancor di più l’insicurezza. È capitato ad Israele. Cadendo stupidamente nella trappola preparata dai simpatizzanti di Hamas e spargendo sangue, il governo israeliano ha fatto un regalo ai suoi nemici [....]. E ha dato altra linfa alla generale ostilità per Israele, l’unico Paese al quale non si perdona niente. Pur essendo anche l’unico Paese che vive in permanente stato d’assedio dalla sua fondazione. Nulla misura la «popolarità» di Israele meglio dell’atteggiamento delle Nazioni Unite. Dove si passa spesso sopra ai delitti di qualunque sanguinario regime ma mai a quelli, veri o presunti, della democrazia israeliana.[....]
«Mi sono fatto l’idea — scrive — che Israele sia un Paese in cui la gente, più o meno consapevolmente, si sente spacciata (...) Forse hanno capito di poter vincere qualche altra battaglia ma che alla lunga la guerra sarà perduta. Hanno constatato che la violenza non è più utile alla causa di quanto lo sia stata l’utopia del dialogo ». Contro la sopravvivenza di Israele giocano tre forze: la demografia, la geo-politica e i sentimenti di ostilità di tanta parte del mondo (rilevanti pezzi di Europa inclusi). [...] C’è poi l’avversione di tanta parte dell’opinione pubblica mondiale. Chi finge che il pregiudizio antisemita non c’entri nulla deve spiegare questa mancanza di equanimità verso la democrazia israeliana. E deve spiegare perché la legittima difesa dei palestinesi si accompagni spesso alla cecità di fronte alla natura dei movimenti islamisti e alla ferocia dei nemici di Israele. Ricordo una lettera che mi inviò un tale a seguito di un articolo sul conflitto arabo-israeliano. Dopo avermi accusato di negare l’evidenza, ossia la «natura criminale» di Israele, quel tale concludeva con una domanda: «Ma perché difende Israele, lei che non è nemmeno ebreo?». Checché ne dicano i suoi nemici, Israele è una realtà fragile, precaria. Se un giorno venisse distrutto c’è chi brinderebbe anche in Europa. Ma quella tragedia anticiperebbe o accompagnerebbe una grande sconfitta occidentale: la vittoria di concezioni, modi di vita, istituzioni, antitetici ai nostri e a noi ostili. (dal Corriere di oggi, A.Panebianco) Quello che si trova (negli USA) è l'immagine della forza, un po' selvaggia, è vero, ma piena di potenza; della vita, accompagnata da molti accidenti, ma anche dal movimento e dallo sforzo.
(Tocqueville, La Democrazia in America) Poco dopo l'inizio del film Agorà di Amenabar (Spagna-Usa) lo spettatore viene catapultato nel mezzo dell'invasione da parte dei cristiani di Alessandria alla biblioteca della città , centro da secoli del sapere prodotto dalla civiltà classica greco-romana. Le scene sono forti, i cristiani sono una massa infuriata trasudante odio che si scaglia contro i simboli della cultura pagana come le statue degli dei ed i papiri antichi. Nel mezzo di questo macello, la filosofa Ipazia usa ogni minuto del suo tempo per salvare più documenti possibili, ma inultilmente. Si salva molto poco, e quello che era il faro del sapere dellla civiltà classica si riduce in pratica ad una chiesa da dove i cristiani partono per far le loro scorribande nella città.
Siamo alla fine del IV secolo d.C.; l'Impero Romano, di cui l'Egitto fa parte, è al collasso. Da ormai 70 anni, grazie a Costantino, la religione ufficiale dell'Impero è quella cristiana. I pagani hanno vita dura e son spesso costretti, almeno formalmente, a convertirsi. Guardando il bellissimo complesso della biblioteca di Alessandra cadere sotto la furia religiosa per un attimo viene da pensare "per fortuna sono altri tempi". Ma ho respinto subito questo pensiero. Non sono altri tempi. Che differenza c'è tra la distruzione del tempio di Alessandra nel IV secolo d.C. e quella dei due Buddha millenari incastrati nella roccia in Afghanistan nel 2001? Oppure con l'abbattimento delle Twin Towers a Manhattan? Certo sono delle opere recenti, di appena 30 anni, ma rappresentavano comunque un capolavoro di ingegneria dell'uomo moderno e soprattutto erano il simbolo del nostro mondo, nella città che più rappresenta la libertà ed il dinamismo dell'Occidetnte. E' chiaro allora quale è l'unica differenza: allora erano i cristiani, oggi son gli islamici. I paralleli non si fermano all'episodio narrato sopra. Ce ne sono molti a guardare bene: i cristiani irrompono a disturbare una festa ebraica lanciando sassi sulla folla, condannano l'attività della filosofa Ipazia in quanto donna ed in quanto insegue verità diverse da quelle stabilite dalla loro fede, uccidono in nome di dio e spesso a sassate (anche se qualcuno propone pure lo spellamento della persona viva, cosa che ricorda certi tagliagola contemporanei, amanti del sangue), proclamano martiri (e santi pure) coloro che muoiono nell'uccidere i non-cristiani, obbligano i pagani a convertirsi per non essere perseguitati e per fare carriera politica. Infine i cristiani invasati di Alessandria son vestiti di nero e hanno tratti che ricordano molto gli islamici moderni. Insomma è difficile non cogliere che quel film trasposto ai giorni nostri parla dell'Islam e della sua intolleranza verso tutto ciò che non è affine alla loro religione. Della non-permeabilità dell'Islam. Mi domando se non fosse questo l'intento del regista: visto che non si può parlare dell'Islam e dei suoi lati oscuri apertamente, allora non rimane che fare un film con altri protagonisti ma dove i parallelismi sono evidenti. Quelli che hanno provato a fare un film simile direttamente sull'Islam ai giorni nostri son finiti male, vedi Theo Van Gogh in Olanda nel 2004: senza che le sinistre, che si sbracciano di continuo a favore della libertà di parola, abbiano pianto una lacrima o si siano inorridite un secondo di fronte all'omicidio di un uomo EUROPEO PER IL SUO PENSIERO, al sorgere del XXI secolo! Politicamente corretto & Multiculturalismo Forzato battono Verità Storica & Buon Senso 10-0 a quanto pare. Proprio come allora, ad Alessandria, quando Ipazia verso la fine del film viene uccisa dopo esser stata denudata davanti ad un altare e ad una croce, abbandonata dallo stesso governo della città che teme di schierarsi contro i cristiani, ormai la maggioranza della popolazione. Sotto quelle sassate pregne di fanastismo si spegne una grande filosofa, che sceglie di essere libera e di non sottomettersi e convertirsi, pagando cara la sua scelta. Un gesto di dignità, di coerenza e coraggio, che le ha garantito l'immortalità nella Storia. PS: Poche ore dopo aver scritto questo pezzo giunge la notizia di un tentativo di attentato a New York, a Times Square. Vicino la sede dove viene prodotto South Park, "reo" di aver ironizzato su Maometto. I talebani del Pakistan rivendicano la paternità dell'attentato. Everyone's for a free Tibet,
but no one's freeing Tibet. (TRAD: Tutti sono per un Tibet Libero, ma nessuno libera il Tibet) (AMERICAN ALONE di MARK STEYN) ...vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre." (La rabbia e l'orgoglio, Oriana Fallaci, 2001) Non ho mai creduto in un dio che, malvagio o burlone, si prenda gioco dell'umanità oppure ci voglia punire per i nostri errori. Sono radicato in una cultura religiosa che non avverte l'incombenza della vendetta divina. Semmai Egli, chiamatelo poi, se volete, Destino o Cosmo, ci lancia dei messaggi che servono per vivere meglio. Ciò che leggo in questi messaggi davvero sembra di inequivocabile interpretazione: bisogna cominciare a prendere sul serio il nostro futuro. Bisogna tornare ad avere una visione. (Luca Zaia)
J.Raspail in The camp of Saints, pubblicato negli anni 70, immagina che l'Europa sia investita da una consistente ondata migratoria. In particolare una serie di navi con un totale di circa un milione di disperati a bordo sta per attraccare ai porti della Provenza. Gli Europei si dividono sul da farsi, ma ovviamente domina un pensiero politically correct che mira ad accogliere questa massa di gente, anche se questo comporterà un radicale sconvolgimento della società e della cultura autoctona. Questo libro è introvabile nel nostro continente. Bollato subito come 'razzista' dall'intellighenzia radical chic ha smesso di essere pubblicato dopo poco tempo. Io ho dovuto ordinarlo in inglese dagli Stati Uniti, dove grazie a Dio, ancora c'è la più totale libertà di stampa.
Vi propongo sotto un'episodio da questo libro che ha saputo così bene prevedere i nostri tempi. Ovviamente ho tradotto io dall'inglese, cercando di fare una traduzione il più letterale possibile. Si tratta di un dialogo tra un fautore del multiculturalismo estremo (M nel dialogo) - direi che ha le caratteristiche tipiche di quelli che oggi sono i no-global - ed un semplice cittadino di Marsiglia (C), orgoglioso della sua cultura e della sua civiltà. A questo punto del libro la massa di disperati sta ormai arrivando. Si è deciso per la linea morbida, ovvero accoglienza totale. L'antenato del no global gioisce di questa rivoluzione alle porte. C:<< Guarda la tua pelle, è bianca! Sei un Cristiano, suppongo. Parli la nostra lingua, hai il nostro accento. Avrai pure una famiglia qui vicino, non è così?>> M:<<E allora? La mia vera famiglia è la massa di persone che sta arrivando su quelle navi. Una volta approdate qui, sarò con un milione di miei fratelli, e sorelle, e padri, e madri. E mogli se lo voglio. Scoperò con la prima che mi darà il permesso e le darò un figlio. Un bel bambino scuro. E dopo un po', sarò un tutt'uno con quella folla.>> C:<<Si, tu scomparirai in quella folla. Ti perderai. E loro nemmeno sapranno che esisti.>> M:<<Bene! E' quello che voglio. Sono stanco di essere uno strumento della classe media[...]. Eheh questa sarà l'ultima volta che il tuo Cristo risorgerà[...]. Tu sei perfetto, per questo ti odio, per quello domani, quando loro sbarcheranno qui ,li porterò da te. Cercherò i più selvaggi tra loro per portarli nella tua casa, qui. Per loro non sei nulla, tu e tutto quello che rappresenti. Il tuo mondo è nulla ai loro occhi. E non cercheranno nemmeno di capirlo.>>. [....] Il vecchio gentiluomo entrò in casa e uscì poco dopo con una pistola. [....] C:<<Certo che ho intenzione di ucciderti. Il mio mondo cesserà di vivere domani mattina, probabilmente, e sono intenzionato di partecipare fino in fondo ai suoi momenti finali... ora io vivrò tutte in una volta quelle battaglie del passato, che sento essere una parte di me, radicata nell'animo, e le ripeterò ora, qui, da solo, con un singolo colpo di pistola, come questo!>> Sacrificare Dio per il Nulla. Questo mistero paradossale dell'ultima crudeltà venne riservato alla generazione che sta appunto crescendo....
...un animale da gregge, qualcosa di bonario, malaticcio e mediocre, l'odierno europeo... Nella storia della società esiste un punto di morboso infrollimento e indebolimento in cui essa si schiera perfino a favore di chi le arreca danno, il delinquente, e addirittura seriamente e sinceramente... Quando gli dei diventano comuni, muoiono gli dei e la fede in essi insieme con gli stessi popoli. Quanto più forte è un popolo, tanto più particolare è il suo dio. Non c'è ancora mai stato un popolo senza religione, cioè senza una nozione del bene e del male.[...]
Se un grande popolo non crede che la verità sia in lui solo [...] se non crede che lui solo sia capace e sia chiamato a risuscitare e a salvare tutti con la sua verità, egli si converte subito in materiale etnografico, e non in un grande popolo. Un vero grande popolo non può mai rassegnarsi ad una parte secondaria nell'umanità e nemmeno ad una parte primaria, ma assolutamente ed esclusivamente vuole la prima. Chi perde questa fede non è più un popolo. |