Quando gli dei non c'erano più , e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c'è stato un momento in cui è esistito l'Uomo, solo.
(Flaubert)
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Quando gli dei non c'erano più , e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c'è stato un momento in cui è esistito l'Uomo, solo.
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Mi dicevo che è vano sperare, per Atene e per Roma, quell'eternità che non è accordata nè agli uomini nè alle cose, e che i più saggi tra noi negano persino agli dei. Quelle forme di vita complicate e sapienti, quelle civiltà adagiate nelle loro raffinatezze d'arte e di piacere, quella libertà dello spirito che s'informa e che giudica, dipendevano da circostanze innumerevoli e rare, da condizioni che era quasi impossibile provocare tutte simultaneamente e che non bisognava aspettarsi di vedere durare [...] altre orde sarebbero venute, altri falsi profeti , i nostri deboli sforzi per migliorare la condizione umana saranno continuati con scarso impegno dai nostri successori; il seme di errore e di morte che anche il bene contiene in sè crescerà mostruosamente nel corso dei secoli. Il mondo, stanco di noi, si cercherà nuovi padroni; quel che ci era parso saggio apparrirà vano, quel che ci era parso bello apparirà orribile .
[...] forse anche l'umanità ha bisogno del bagno di sangue e di passare periodicamente nella fossa funebre. Vedevo tornare i codici feroci, gli dei implacabili, il dispotismo incontestato dei principi barbari, il mondo frantumato in stati nemici, eternamente in preda al terrore [...] il gioco stupido, osceno e crudele continuerà, e la specie umana invecchiando vi aggiungerà nuove raffinatezze d'orrore ... [...] la possibilità inalienabile del suicidio m'aiutava a sopportare l'esistenza con minor fastidio [...] La vita è atroce; lo sappiamo. Ma proprio perchè mi aspetto tanto poco dalla condizione umana, i periodi di felicità, i progressi parziali, gli sforzi di ripresa e di continuità mi sembrano altrettanti prodigi che compensano la massa immensa dei male, degli insuccessi, dell'ingiuria e dell'errore. Sopravviveranno le catastrofi e le rovine; trionferà il caos, ma di tanto in tanto verrà anche l'ordine . La pace si instaurerà di nuovo tra le guerre; le parole Umanità, Libertà, Giustizia ritroveranno qua e là il senso che noi abbiamo tentato d'infondervi. Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t'appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più ... Cerchiamo di entrare nella morte a occhi aperti. (da Memorie di Adriano, M. Yourcenar) ... ebbi la gioia di veder formarsi nuovamente la fila delle carovane in riva all'Oriente; le oasi si popolavano di mercanti che commentavano le notizie alla luce dei bivacchi, e che ogni mattina, insieme alle loro merci, starei per dire caricavano, per trasportarle in paesi sconosciuti; parole, pensieri, costumi intimamente nostri, che poco a poco avrebbero dilagato nel mondo in modo più sicuro che non le legioni in marcia. La circolazione dell'oro, il passaggio delle idee, sottile come quello del sangue nelle arterie, riprendevano nel grande corpo del mondo : ricominciava a battere il polso della terra.
... Mi rallegravo che il nostro passato fosse antico abbastanza per fornirci esempi eccellenti, e non tanto pesante da schiacciarsi con essi; che lo sviluppo della nostra tecnica fosse pervenuto al punto da facilitare l'igiene della città e la prosperità dei popoli, ma non a quell'eccesso in cui rischierebbe di sommergere l'uomo con acquisizioni inutili [...] mi rallegravo che le nostre religioni, vaghe e venerabili, purificate da intransigenze e da riti feroci, ci associassero misteriosamente ai sogni più antichi dell'uomo e della terra, ma senza inibirci una spiegazione laica dei fatti, un'intuizione razionale della condotta umana. Viene il giorno che Atlante cessa di sostenere il peso del cielo e la sua rivolta squassa la terra. Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo se si poteva, il momento in cui i barbari dall'esterno, gli schiavi dall'interno, si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono a loro interdetti [....] Non credo che nessun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tuttavia ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perchè più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide ed appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quello della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani. Ma la nostra Arte (quella dei Greci, voglio dire) ha preferito attenersi all'Uomo. Noi soli abbiamo saputo mostrare in un corpo immobile la forza e l'agilità ch'esso cela ; noi soli abbiamo fatto d'una fronte levigata l'equivalente d'un pensiero . Io sono come i nostri scultori: l'umano mi appaga. Vi trovo tutto, persino l'eternità. ... la Forza, la Giustizia, le Muse. La forza stava alla base e senza il suo rigore non può esserci bellezza, senza la sua stabilità non c'è Giustizia. La Giustizia componeva l'equilibrio delle parti, le proporzioni armoniose che nessun eccesso deve turbare. Ma la Forza e la Giustizia non erano che uno strumento agile e duttile nelle mani delle Muse: consentivano di tener lontane tutte le miserie e le violenze come altrettante offese al bel corpo dell'Umanità. Ogni uomo nel corso della sua breve esistenza, deve scegliere eternamente tra la speranza insonne e la saggia rinuncia a ogni speranza, tra i piaceri dell'anarchia e quelli dell'ordine, tra il Titano e l'Olimpico. Scegliere tra essi, o riuscire a comporre, tra essi, l'armonia. Ho conosciuto molte estasi, ve ne sono di atroci; altre, d'una dolcezza struggente. Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada. Trascorsi una sera intera a discutere con lui l'ingiunzione di amare il prossimo come se stessi; essa è troppo contraria alla natura umana per essere sinceramente seguita dalle persone volgari, le quali non ameranno mai altro che loro stesse, e non si addice al saggio, il quale non ama particolarmente neppure sè stesso. (da Le Memorie di Adriano, M. Yourcenar) La tecnica del vero seduttore esige, nel passaggio da un soggetto all'altro, una disinvoltura, un'indifferenza che io non provo e che, comunque perdevo prima di abbandonarle intenzionalmente: non ho mai compreso come si possa essere sazio di un essere umano.
[....] Chi ama il bello finisce per trovarne ovunque, come un filone d'oro che scorre nella ganga più ignobile. [...] E tuttavia, se ho quasi rinunciato a queste forme troppo meccaniche di piacer, o almeno non mi sono spinto molto avanti, lo devo più alla mia buona sorte che ad una virtù che non sa resistere a nulla. [...] La parola scritta m'ha insegnato ad ascoltare la voce umana, press'a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m'hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l'andar del tempo, la vita mi ha chiarito i libri. [...] ...i grandi uomini emergono proprio in virtù di un atteggiamento estremo... io ho occupato volta a volta tutte le posizioni estreme, ma non vi sono rimasto: la vita me ne ha fatto sempre slittare. [...] Durante la guerra ebraica il rabbino Giosuè m'ha decifrato lettera per lettera alcuni testi di quella lingua di fanatici, tanto invasati dal loro Dio da trascurare l'Uomo. [...] Era un'avventura pericolosa e proprio per questo la godevo di più. [...] A volte mi sembrava che lo spirito greco non avesse spinto sino alle sue conclusioni estreme le promesse del proprio genio [...] Intendevo la possibilità di ellenizzare i barbari, di atticizzare Rom, di imporre pian piano al mondo la sola cultura che un giorno si sia affrancata dal mostruoso, dall'informe, dall'inerte, che abbia inventato una definizione della politica e del bello. [...] Aveva ragione Cesare a preferire d'essere il primo in un villaggio che il secondo a Roma. [...] L'Impero l'ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto. [...] Ho compreso che ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte. (da Memorie di Adriano, M.Yourcenar) |