... ebbi la gioia di veder formarsi nuovamente la fila delle carovane in riva all'Oriente; le oasi si popolavano di mercanti che commentavano le notizie alla luce dei bivacchi, e che ogni mattina, insieme alle loro merci, starei per dire caricavano, per trasportarle in paesi sconosciuti; parole, pensieri, costumi intimamente nostri, che poco a poco avrebbero dilagato nel mondo in modo più sicuro che non le legioni in marcia. La circolazione dell'oro, il passaggio delle idee, sottile come quello del sangue nelle arterie, riprendevano nel grande corpo del mondo : ricominciava a battere il polso della terra.
... Mi rallegravo che il nostro passato fosse antico abbastanza per fornirci esempi eccellenti, e non tanto pesante da schiacciarsi con essi; che lo sviluppo della nostra tecnica fosse pervenuto al punto da facilitare l'igiene della città e la prosperità dei popoli, ma non a quell'eccesso in cui rischierebbe di sommergere l'uomo con acquisizioni inutili [...] mi rallegravo che le nostre religioni, vaghe e venerabili, purificate da intransigenze e da riti feroci, ci associassero misteriosamente ai sogni più antichi dell'uomo e della terra, ma senza inibirci una spiegazione laica dei fatti, un'intuizione razionale della condotta umana.
Viene il giorno che Atlante cessa di sostenere il peso del cielo e la sua rivolta squassa la terra. Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo se si poteva, il momento in cui i barbari dall'esterno, gli schiavi dall'interno, si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono a loro interdetti [....] Non credo che nessun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tuttavia ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perchè più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide ed appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quello della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani.
Ma la nostra Arte (quella dei Greci, voglio dire) ha preferito attenersi all'Uomo. Noi soli abbiamo saputo mostrare in un corpo immobile la forza e l'agilità ch'esso cela ; noi soli abbiamo fatto d'una fronte levigata l'equivalente d'un pensiero . Io sono come i nostri scultori: l'umano mi appaga.
Vi trovo tutto, persino l'eternità.
... la Forza, la Giustizia, le Muse. La forza stava alla base e senza il suo rigore non può esserci bellezza, senza la sua stabilità non c'è Giustizia. La Giustizia componeva l'equilibrio delle parti, le proporzioni armoniose che nessun eccesso deve turbare. Ma la Forza e la Giustizia non erano che uno strumento agile e duttile nelle mani delle Muse: consentivano di tener lontane tutte le miserie e le violenze come altrettante offese al bel corpo dell'Umanità.
Ogni uomo nel corso della sua breve esistenza, deve scegliere eternamente tra la speranza insonne e la saggia rinuncia a ogni speranza, tra i piaceri dell'anarchia e quelli dell'ordine, tra il Titano e l'Olimpico. Scegliere tra essi, o riuscire a comporre, tra essi, l'armonia.
Ho conosciuto molte estasi, ve ne sono di atroci; altre, d'una dolcezza struggente.
Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.
Trascorsi una sera intera a discutere con lui l'ingiunzione di amare il prossimo come se stessi; essa è troppo contraria alla natura umana per essere sinceramente seguita dalle persone volgari, le quali non ameranno mai altro che loro stesse, e non si addice al saggio, il quale non ama particolarmente neppure sè stesso.
(da Le Memorie di Adriano, M. Yourcenar)
... Mi rallegravo che il nostro passato fosse antico abbastanza per fornirci esempi eccellenti, e non tanto pesante da schiacciarsi con essi; che lo sviluppo della nostra tecnica fosse pervenuto al punto da facilitare l'igiene della città e la prosperità dei popoli, ma non a quell'eccesso in cui rischierebbe di sommergere l'uomo con acquisizioni inutili [...] mi rallegravo che le nostre religioni, vaghe e venerabili, purificate da intransigenze e da riti feroci, ci associassero misteriosamente ai sogni più antichi dell'uomo e della terra, ma senza inibirci una spiegazione laica dei fatti, un'intuizione razionale della condotta umana.
Viene il giorno che Atlante cessa di sostenere il peso del cielo e la sua rivolta squassa la terra. Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo se si poteva, il momento in cui i barbari dall'esterno, gli schiavi dall'interno, si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono a loro interdetti [....] Non credo che nessun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tuttavia ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perchè più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide ed appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quello della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani.
Ma la nostra Arte (quella dei Greci, voglio dire) ha preferito attenersi all'Uomo. Noi soli abbiamo saputo mostrare in un corpo immobile la forza e l'agilità ch'esso cela ; noi soli abbiamo fatto d'una fronte levigata l'equivalente d'un pensiero . Io sono come i nostri scultori: l'umano mi appaga.
Vi trovo tutto, persino l'eternità.
... la Forza, la Giustizia, le Muse. La forza stava alla base e senza il suo rigore non può esserci bellezza, senza la sua stabilità non c'è Giustizia. La Giustizia componeva l'equilibrio delle parti, le proporzioni armoniose che nessun eccesso deve turbare. Ma la Forza e la Giustizia non erano che uno strumento agile e duttile nelle mani delle Muse: consentivano di tener lontane tutte le miserie e le violenze come altrettante offese al bel corpo dell'Umanità.
Ogni uomo nel corso della sua breve esistenza, deve scegliere eternamente tra la speranza insonne e la saggia rinuncia a ogni speranza, tra i piaceri dell'anarchia e quelli dell'ordine, tra il Titano e l'Olimpico. Scegliere tra essi, o riuscire a comporre, tra essi, l'armonia.
Ho conosciuto molte estasi, ve ne sono di atroci; altre, d'una dolcezza struggente.
Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.
Trascorsi una sera intera a discutere con lui l'ingiunzione di amare il prossimo come se stessi; essa è troppo contraria alla natura umana per essere sinceramente seguita dalle persone volgari, le quali non ameranno mai altro che loro stesse, e non si addice al saggio, il quale non ama particolarmente neppure sè stesso.
(da Le Memorie di Adriano, M. Yourcenar)