Anno 476 d.C. L'Impero Romano d'Occidente è ormai alla fine. Anche l'ultimo imperatore Romolo Augusto è stato ormai deposto. Roma non conta più nulla, Ravenna è il nuovo centro dell'impero, dove comanda Odoacre, un barbaro.
Flavia, cittadina romana sua prigioniera, si rivolge ad Odoacre rivendicando le proprie origini e la passata grandezza del popolo romano.
<<Non sai ciò che dici. Io discendo da coloro che per anni vi hanno combattuti e ricacciati nelle selve a vivere come le bestie cui somigliate in tutto. Mi ripugna il vostro fetore, la vostra ignoranza, la vostra selvatichezza, mi ripugna la vostra lingua e il suono della vostra voce, simile più all'abbaiare di un cane che a espressione umana, mi fa schifo la vostra pelle che non sopporta la luce del sole; i vostri capelli di stoppa ed i vostri baffi sempre sporchi di avanzi di cibo [...]>>
Odoacre serrò le mascelle: le parole sferzanti di Flavia lo avevano ferito e umiliato. Sapeva che non c'era nè forza, nè potere in grado di vincere quel disprezzo, ma dentro avvertiva forte il sentimento che lo aveva posseduto fin da giovane, quando era entrato nell'esercito imperiale: l'ammirazione per quelle città antichissime, per i fori e le basiliche, le colonne ed i monumenti, le strade, i porti e gli acquedotti, le insegne e gli archi, le solenni iscrizioni di bronzo, i bagni e le terme, le case, le ville così belle da sembrare residenze di dei piuttosto che di uomini. L'Impero era l'unico mondo in cui valesse la pena di vivere per un essere umano.
Flavia, cittadina romana sua prigioniera, si rivolge ad Odoacre rivendicando le proprie origini e la passata grandezza del popolo romano.
<<Non sai ciò che dici. Io discendo da coloro che per anni vi hanno combattuti e ricacciati nelle selve a vivere come le bestie cui somigliate in tutto. Mi ripugna il vostro fetore, la vostra ignoranza, la vostra selvatichezza, mi ripugna la vostra lingua e il suono della vostra voce, simile più all'abbaiare di un cane che a espressione umana, mi fa schifo la vostra pelle che non sopporta la luce del sole; i vostri capelli di stoppa ed i vostri baffi sempre sporchi di avanzi di cibo [...]>>
Odoacre serrò le mascelle: le parole sferzanti di Flavia lo avevano ferito e umiliato. Sapeva che non c'era nè forza, nè potere in grado di vincere quel disprezzo, ma dentro avvertiva forte il sentimento che lo aveva posseduto fin da giovane, quando era entrato nell'esercito imperiale: l'ammirazione per quelle città antichissime, per i fori e le basiliche, le colonne ed i monumenti, le strade, i porti e gli acquedotti, le insegne e gli archi, le solenni iscrizioni di bronzo, i bagni e le terme, le case, le ville così belle da sembrare residenze di dei piuttosto che di uomini. L'Impero era l'unico mondo in cui valesse la pena di vivere per un essere umano.