La tecnica del vero seduttore esige, nel passaggio da un soggetto all'altro, una disinvoltura, un'indifferenza che io non provo e che, comunque perdevo prima di abbandonarle intenzionalmente: non ho mai compreso come si possa essere sazio di un essere umano.
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Chi ama il bello finisce per trovarne ovunque, come un filone d'oro che scorre nella ganga più ignobile.
[...]
E tuttavia, se ho quasi rinunciato a queste forme troppo meccaniche di piacer, o almeno non mi sono spinto molto avanti, lo devo più alla mia buona sorte che ad una virtù che non sa resistere a nulla.
[...]
La parola scritta m'ha insegnato ad ascoltare la voce umana, press'a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m'hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l'andar del tempo, la vita mi ha chiarito i libri.
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...i grandi uomini emergono proprio in virtù di un atteggiamento estremo... io ho occupato volta a volta tutte le posizioni estreme, ma non vi sono rimasto: la vita me ne ha fatto sempre slittare.
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Durante la guerra ebraica il rabbino Giosuè m'ha decifrato lettera per lettera alcuni testi di quella lingua di fanatici, tanto invasati dal loro Dio da trascurare l'Uomo.
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Era un'avventura pericolosa e proprio per questo la godevo di più.
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A volte mi sembrava che lo spirito greco non avesse spinto sino alle sue conclusioni estreme le promesse del proprio genio [...] Intendevo la possibilità di ellenizzare i barbari, di atticizzare Rom, di imporre pian piano al mondo la sola cultura che un giorno si sia affrancata dal mostruoso, dall'informe, dall'inerte, che abbia inventato una definizione della politica e del bello.
[...]
Aveva ragione Cesare a preferire d'essere il primo in un villaggio che il secondo a Roma.
[...]
L'Impero l'ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto.
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Ho compreso che ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte.
(da Memorie di Adriano, M.Yourcenar)
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Chi ama il bello finisce per trovarne ovunque, come un filone d'oro che scorre nella ganga più ignobile.
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E tuttavia, se ho quasi rinunciato a queste forme troppo meccaniche di piacer, o almeno non mi sono spinto molto avanti, lo devo più alla mia buona sorte che ad una virtù che non sa resistere a nulla.
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La parola scritta m'ha insegnato ad ascoltare la voce umana, press'a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m'hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l'andar del tempo, la vita mi ha chiarito i libri.
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...i grandi uomini emergono proprio in virtù di un atteggiamento estremo... io ho occupato volta a volta tutte le posizioni estreme, ma non vi sono rimasto: la vita me ne ha fatto sempre slittare.
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Durante la guerra ebraica il rabbino Giosuè m'ha decifrato lettera per lettera alcuni testi di quella lingua di fanatici, tanto invasati dal loro Dio da trascurare l'Uomo.
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Era un'avventura pericolosa e proprio per questo la godevo di più.
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A volte mi sembrava che lo spirito greco non avesse spinto sino alle sue conclusioni estreme le promesse del proprio genio [...] Intendevo la possibilità di ellenizzare i barbari, di atticizzare Rom, di imporre pian piano al mondo la sola cultura che un giorno si sia affrancata dal mostruoso, dall'informe, dall'inerte, che abbia inventato una definizione della politica e del bello.
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Aveva ragione Cesare a preferire d'essere il primo in un villaggio che il secondo a Roma.
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L'Impero l'ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto.
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Ho compreso che ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte.
(da Memorie di Adriano, M.Yourcenar)