e terra magnum alterius spectare laborem;
non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
sed quibus ipse malis careas quia cernere suavest.
Suave etiam belli certamina magna tueri
per campos instructa tua sine parte pericli;
sed nihil dulcius est, bene quam munita tenere
edita doctrina sapientum templa serena,
despicere unde queas alios passimque videre
errare atque viam palantis quaerere vitae,
certare ingenio, contendere nobilitate,
noctes atque dies niti praestante labore
ad summas emergere opes rerumque potiri.
o miseras hominum mentes, o pectora caeca!
qualibus in tenebris vitae quantisque periclis
degitur hoc aevi quod cumquest! nonne videre
nihil aliud sibi naturam latrare, nisi ut qui
corpore seiunctus dolor absit, mente fruatur
iucundo sensu cura semota metuque?
(Lucrezio, De Rerum Natura)
TRAD:
È dolce, quando sul vasto mare i venti turbano le acque,
assistere da terra al gran travaglio altrui,
non perché sia un dolce piacere che qualcuno soffra,
ma perché è dolce vedere di quali mali tu stesso sia privo.
È dolce anche vedere i grandi scontri di guerra
schierati nella pianura senza che tu prenda parte al pericolo.
Ma nulla è più dolce che tenere saldamente
gli alti spazi sereni, fortificati dalla dottrina dei sapienti,
da dove tu puoi stare a guardare dall'alto gli altri,
e osservarli errare qua e là e cercare smarriti la via della vita,
gareggiare in qualità intellettuali,
contendere in nobiltà di sangue e sfarzosi di notte e giorno,
con instancabile attività, per arrivare
ad una grande ricchezza e impadronirsi del potere.
O misere menti degli uomini, o ciechi animi!
In quali tenebre di vita e in quanti pericoli
si trascorre questo poco di vita, qualunque essa sia!
E come non vedere che la natura null'altro pretende per sé,
se non che in quanto al corpo il dolore sia lontano,
e in quanto all'anima goda di piacevoli sensazioni,
priva di affanni e di timori?