La capacità di vedere oggetti nascosti dietro i muri può rivelarsi essenziale in luoghi pericolosi o inaccessibili, per esempio all'interno di macchinari con parti in movimento, o in zone fortemente contaminate. Ora gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge hanno trovato un modo per fare esattamente questo.
I ricercatori sparano un impulso di luce laser verso una parete sul lato opposto della scena nascosta, e registrano il tempo in cui la luce dispersa arriva a una telecamera. I fotoni rimbalzano dalla parete all'oggetto nascosto e poi di nuovo sulla parete, disperdendosi ogni volta, prima che una piccola frazione finisca per raggiunge la telecamera, ciascuna in un tempo leggermente differente. E' questa risoluzione temporale che fornisce la chiave per rivelare la geometria nascosta. La posizione dell'impulso laser da 50 femtosecondi (cioè 50 quadrilioni di secondo) viene inoltre cambiata 60 volte, in modo da ottenere prospettive Citazione multiple della scena nascosta.
"Tutti conosciamo gli echi sonori, ma è possibile sfruttare anche echi di luce", spiega Ramesh Raskar, che guida il Camera Culture Research Group al Media Lab del MIT Lab che ha realizzato lo studio.
Una fotocamera normale può vedere solo gli oggetti che si trovano esattamente di fronte a essa. La luce che raggiunge il sensore da un punto che si trova al di là della linea di vista diretta è troppo diffusa per trasportare informazioni utili sulla scena nascosta, poiché è stata dispersa da riflessioni multiple. La nuova tecnica, descritta oggi su "Nature Communications", risolve il problema mediante l'acquisizione ultraveloce di informazioni sul tempo impiegato da ogni fotone per raggiungere la telecamera. Queste informazioni vengono poi decodificate da un algoritmo di ricostruzione realizzato da uno dei componenti del gruppo, Andreas Velten.
Sfruttare la dispersione
La maggior parte delle tecnologie di imaging ultraveloci puntano ad attenuare gli effetti della dispersione luminosa, concentrandosi solo sui primi fotoni che arrivano al sensore. In questo caso, spiega Raskar, la differenza "è che sfruttiamo la luce dispersa".
La videocamera merita senz'altro la definizione di ultraveloce, poiché è in grado di registrare un'immagine ogni due picosecondi, vale a dire il tempo impiegato dalla luce per viaggiare in soli 0,6 millimetri. Di conseguenza, può registrare la distanza percorsa da ciascun fotone con precisione submillimetrica.
Uno dei principali problemi tecnologici da superare ha riguardato la distinzione delle informazioni provenienti da fotoni che avevano percorso la stessa distanza, e raggiunto la telecamera nella stessa posizione, dopo aver colpito parti diverse della scena nascosta.
Il computer risolve il problema confrontando le immagini generate da posizioni differenti del laser, permettendo quindi una stima delle posizioni possibili dell'oggetto. Mentre fotoni che hanno colpito diverse parti della scena nascosta da una posizione del laser possono essere gli stessi, avranno comunque una distanza totale diversa da un altro punto laser. "La tecnica matematica generale," spiega Raskar, "è simile a quella della tomografia computazionale usata nelle scansioni TAC a raggi X ".
Allo stato attuale, l'intero processo dura diversi minuti, ma i ricercatori sperano in futuro di riuscire a ridurlo a meno di dieci secondi.
da Le Scienze, bel video illustrativo in link
I ricercatori sparano un impulso di luce laser verso una parete sul lato opposto della scena nascosta, e registrano il tempo in cui la luce dispersa arriva a una telecamera. I fotoni rimbalzano dalla parete all'oggetto nascosto e poi di nuovo sulla parete, disperdendosi ogni volta, prima che una piccola frazione finisca per raggiunge la telecamera, ciascuna in un tempo leggermente differente. E' questa risoluzione temporale che fornisce la chiave per rivelare la geometria nascosta. La posizione dell'impulso laser da 50 femtosecondi (cioè 50 quadrilioni di secondo) viene inoltre cambiata 60 volte, in modo da ottenere prospettive Citazione multiple della scena nascosta.
"Tutti conosciamo gli echi sonori, ma è possibile sfruttare anche echi di luce", spiega Ramesh Raskar, che guida il Camera Culture Research Group al Media Lab del MIT Lab che ha realizzato lo studio.
Una fotocamera normale può vedere solo gli oggetti che si trovano esattamente di fronte a essa. La luce che raggiunge il sensore da un punto che si trova al di là della linea di vista diretta è troppo diffusa per trasportare informazioni utili sulla scena nascosta, poiché è stata dispersa da riflessioni multiple. La nuova tecnica, descritta oggi su "Nature Communications", risolve il problema mediante l'acquisizione ultraveloce di informazioni sul tempo impiegato da ogni fotone per raggiungere la telecamera. Queste informazioni vengono poi decodificate da un algoritmo di ricostruzione realizzato da uno dei componenti del gruppo, Andreas Velten.
Sfruttare la dispersione
La maggior parte delle tecnologie di imaging ultraveloci puntano ad attenuare gli effetti della dispersione luminosa, concentrandosi solo sui primi fotoni che arrivano al sensore. In questo caso, spiega Raskar, la differenza "è che sfruttiamo la luce dispersa".
La videocamera merita senz'altro la definizione di ultraveloce, poiché è in grado di registrare un'immagine ogni due picosecondi, vale a dire il tempo impiegato dalla luce per viaggiare in soli 0,6 millimetri. Di conseguenza, può registrare la distanza percorsa da ciascun fotone con precisione submillimetrica.
Uno dei principali problemi tecnologici da superare ha riguardato la distinzione delle informazioni provenienti da fotoni che avevano percorso la stessa distanza, e raggiunto la telecamera nella stessa posizione, dopo aver colpito parti diverse della scena nascosta.
Il computer risolve il problema confrontando le immagini generate da posizioni differenti del laser, permettendo quindi una stima delle posizioni possibili dell'oggetto. Mentre fotoni che hanno colpito diverse parti della scena nascosta da una posizione del laser possono essere gli stessi, avranno comunque una distanza totale diversa da un altro punto laser. "La tecnica matematica generale," spiega Raskar, "è simile a quella della tomografia computazionale usata nelle scansioni TAC a raggi X ".
Allo stato attuale, l'intero processo dura diversi minuti, ma i ricercatori sperano in futuro di riuscire a ridurlo a meno di dieci secondi.
da Le Scienze, bel video illustrativo in link